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Panzini, Alfredo.

Scrittore e saggista italiano. Laureatosi all'università di Bologna, dove ebbe come maestri G. Carducci e F. Acri, insegnò per tutta la vita al ginnasio, a Milano fino al 1917 e poi a Roma. Fece parte dell'Accademia d'Italia dalla fondazione. La sua opera riflette un atteggiamento di sostanziale diffidenza verso il mondo contemporaneo, su cui egli getta, tuttavia, uno sguardo curioso e umanamente partecipe. Il contrasto tra il mondo ideale della sua formazione culturale umanistica e carducciana e l'angustia della vita piccolo-borghese gli suggerisce un distacco spesso ironico che il suo stile riflette, diviso com'è tra intonazioni narrative ottocentesche, elegia, blando umorismo, divagazioni tra il sentimentale e il fantastico. La chiusura culturale di P. e l'incapacità di costruire strutture narrative e concettuali di ampio respiro lo portano a conseguire gli esiti migliori nel frammento, dove ha modo di esprimersi la sua "prosa d'arte", dal tono ora colloquiale ora lirico, ricca di citazioni. Un genere letterario attuato per la prima volta in La lanterna di Diogene (1907) e riproposto poi in Viaggio di un povero letterato (1919) è quello del diario poetico, dove ogni dato e fatto diventano per P. motivo di delicato autobiografismo o di nostalgico vagheggiamento del passato. Questa forma di viaggio nello spazio e nel tempo come rifugio al modernismo è caratteristica anche di opere come Santippe (1914) e II bacio di Lesbia (1937), in cui il mondo classico scade a rievocazione bozzettistica della quotidianità greca e romana. Come saggista P. fu autore, tra l'altro, di un Dizionario moderno (1905) registrazione dei neologismi della lingua italiana, redatta con la diligenza del purista attratto, suo malgrado, dai barbarismi linguistici. Tra le altre opere: Il libro dei morti (1893), Le fiabe della virtù (1911), Novelle d'ambo i sessi (1918), Il padrone sono me! (1922), La pulcella senza pulcellaggio (1925), Viaggio con la giovane ebrea (1935) (Senigallia, Ancona 1863 - Roma 1939).